Riprendo a scrivere dopo lunga assenza occupandomi di un tema particolarmente caro ai lettori, ossia le segnalazioni “a sofferenza” in Centrale dei Rischi di Banca d’Italia.
L’occasione è offerta dall’ordinanza del Tribunale di Lanciano, pubblicata lo scorso 9 febbraio – relatrice dott.ssa L. G. Cordisco – la quale circoscrive gli indicatori che la Banca dovrebbe considerare nel valutare lo “stato d’insolvenza” del cliente, ossia il presupposto indefettibile della segnalazione a sofferenza.
Lo stato di insolvenza ai fini della segnalazione a sofferenza in Centrale Rischi di Banca d’Italia.
Secondo il Tribunale è oramai assodato che lo “stato d’insolvenza” rilevante per la segnalazione “a sofferenza” si identifica col concetto di “grave difficoltà economica”: una situazione che fa sembrare verosimile – ma non necessariamente attuale – il ricorso a procedure di recupero crediti da parte delle banche (a partire da Cassazione civile n. 21428/2007).
Ancora poco chiari sono, invece, i tratti salienti del metodo che la Banca deve adottare nell’indagare la difficoltà economica del cliente.
Ho già avuto modo di esporre che la Circolare Bankitalia n. 139/1991, recante istruzioni Centrale Rischi per gli intermediari, attribuisce alla banca il potere di definire discrezionalmente lo stato di insolvenza del cliente (leggi: 4 cose da sapere sulle sofferenze in Centrale Rischi).
La Circolare si limita a imporre una analisi complessiva della situazione finanziaria del cliente senza però definire parametri specifici.
Tuttavia, la stessa Circolare esclude che la banca possa ritenere il cliente insolvente quando abbia maturato semplici ritardi nei pagamenti oppure abbia contestato il credito.
Sicché la sofferenza non può mai esaurirsi in un fatto automatico.
La Banca, prima di segnalare il cliente “a sofferenza” in Centrale Rischi deve verificare se, il debitore, si trova in una situazione che fa ritenere la riscossione del credito a rischio.
L’indagine deve tenere conto di taluni specifici elementi, tra i quali: “liquidità del soggetto, la sua capacità produttiva e reddituale, la situazione di mercato in cui il soggetto opera, l’ammontare complessivo del credito della banca, la sussistenza di procedura esecutive pendenti, di protesti o decreti ingiuntivi”.
La Banca deve provare l’insolvenza del cliente per segnalare la sofferenza in Centrale Rischi.
I principi appena esposti hanno interessanti risvolti processuali:
- la banca deve dimostrare di avere – preventivamente – avvertito per iscritto il cliente dell’imminente segnalazione. Ciò, infatti, permette l’eventuale adozione di iniziative tese ad evitare la segnalazione, oppure di contestarne la legittimità;
- la banca deve sempre dimostrare di avere compiuto un’approfondita istruttoria che dia conto di tutti i profili d’indagine riguardo l’insolvenza del cliente segnalato “a sofferenza”.
Di conseguenza è da ritenersi illegittima la segnalazione “a sofferenza” eseguita in mancanza di tale, approfondita e complessiva valutazione. La segnalazione “a sofferenza” in Centrale Rischi di Banca d’Italia non può mai scaturire da una semplice situazione di inadempimento, frutto di una specie di automatismo.
Se ricorre tale ultima circostanza, la Banca viola le istruzioni di Bankitalia ed il cliente ha diritto alla cancellazione della sofferenza e può richiedere il risarcimento del danno da illegittima segnalazione.